ABBIGLIAM.
ARCHIVIO
BACHECA
CALENDARI
CLASSIFICHE
MODULISTICA
NS. ATLETI
LINK UTILI
Home Page

La Mia Londra... di Valeria Ravasio

Si, quell’uscita dal tendone non la dimenticherò mai. Finalmente inizio a sentire la tensione salire mentre vedo migliaia di persone intorno a me che occupano quel parco in cui “da giovane” ho passeggiato tante volte. Musica, maxi schermi, rumore, voci, sorrisi, colori, palloni pubblicitari aerostatici, griglie, camion, bagni chimici, urinatoi femminili (ragazze, da vedere, cistite assicurata per un decennio), acqua, tè, caffè, riscaldamento, le Top Donne stanno per partire …

Porca miseria, ci sono. Eccomi, sono parte di qualcosa di grandioso. E’ tutto vero, ora capisco cosa sto per fare. Oh Dio, cosa sto per fare? Arriverò? Ma sono sicura di sapere cosa mi aspetta? Certo che non lo so, ma c’è Adry, stai tranquilla Vale. Si, Adry, non posso deluderlo, crede così tanto in me. Si ma è anche vero che io sono una runner fittizia, pivellina, ho appena iniziato, non mi sono mica preparata come si preparano tutti … Si ma basta Vale, tranquilla, tu ce la fai, sei una bestia, comunque vada ce la farai. Cavolo i miei amici, saranno tutti lì nervosi ad aspettare la partenza, Ale, mamma e papà che mi hanno regalato questa maratona, mi devo fare forza, cosa sarà mai. Cosa sarà mai? Cavolo 42 km! Dai su, su, su. Respira, un bel sorrisone e rientra nel tendone che Adry ti aspetta.

Respiro l’arietta frizzantina della mia Londra e entro. E infatti Adry mi vede e mi sorride, io gli dico che ora sono un po’ nervosa, che là fuori “fa male” tanto è bello. Allora ci alziamo, depositiamo le borse, ultima pipì, foto in coda che mi rilassa un attimo. Partenza delle Top e io chiedo, piccola e ingenua io “ma porca miseria partono così veloci, sono matte???”. Adry ride.
E dai entriamo in griglia, ero preparata al peggio, ricordavo quelle parole “Vale in griglia vedrai cose…”. Ma no, dai, giusto qualche ometto mezzo nudo 5 minuti prima della partenza, pensavo peggio. Sorrido alle persone che ho intorno, un inglese, un tedesco, un italiano, un francese. Bello, tutti lì per lo stesso scopo anche se veniamo da posti magari lontanissimi tra loro. Nessun discorso alla Mulino Bianco, solo la vera bellezza di tante persone diverse accomunate da una passione sola. Succede in tutte le gare, ma lì siamo a Londra, cavolo, l’aria è diversa.
Compattamento (e cos’è il compattamento?), faccio un passo alla volta e avanzando mi dico manca poco, manca poco. Però non faccio notare che sono tesa, tanto mi conosce, Adry già sa. Mi dice che siamo partiti, effettivamente non si sente niente, ma si inizia a camminare più veloce e poi corricchiare e poi correre.

I primi 2 km sono lenti, è vero, ma meglio così perché devo iniziare a capire piano piano. La gente è tanta, è assordante, non riesco quasi a parlare ad Adry, marciapiede, zigzag tra tutù, spose e gattine (la sposa e la gattina sono arrivate prima di me, una maratona con l’abito da sposa in meno di 3h43’, vorrei trovare quella donna ed abbracciarla). Al terzo iniziamo a correre come dovremmo, c’è il passaggio al 5’ km e la gente, già tanta, si moltiplica. La mia Londra. Questa città entusiasmante ed entusiasta. Ripeto sempre la frase di Samuel Johnson “Chi è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offire”. Io sono di parte, questa città fa parte di me. Ma quanto è vero, e km dopo km me lo conferma.

Dal 4’ km sto correndo con la pelle d’oca, che bella giornata, quanta gente, che panorama, il galeone davanti a me, la musica da tutti i pub, le persone affacciate da tutti i pertugi delle case, this is London, mi dico, magnifica anche sudata. E in quei primi Km davanti a tutta quella emozione e a quello spettacolo mi sento di essere al posto giusto con la persona giusta. Ce lo meritiamo, ci siamo divertiti in questo anno di corsa ma abbiamo anche fatto qualche sacrificio ed ora questa giornata è tutta nostra Adry!

I primi km non mi fanno pensare a “quanto manca”, riesco a ragionare km per km. Ma all’8’ inizio a sentire che qualcosa non va. Ecco, ci risiamo, è una della mie giornate no, lo sapevo, proprio oggi, no, non può essere, sono stata ferma una settimana, mi sono riposata, non posso avere le gambe pesanti, non possono già farmi male, no no no no.

Penso sia un momento e vado avanti, sono ottimista per natura quindi mi dico che passerà, che è un momento, che devo pensare positivo. Ma insomma 1 anno di corsa, anche se poco, dovrebbe avermi insegnato che quando il mal di gambe arriva all’8’ km difficilmente sparisce, che te lo tieni, che cerchi di arrivare in fondo in qualche modo. Si, questo nelle mezze, ma ora?

Il passaggio al 10’ km è troppo faticoso, non va bene, siamo in ritardo di un paio di minuti rispetto alla nostra tabella di marcia per i primi 2 km lenti, dobbiamo recuperare quei due minuti ma come faccio se sono già così stanca? Il fiato c’è … ma le spalle iniziano a far male, le braccia idem, la mia cara amica cistifellea si fa sentire e le gambe sempre più pesanti. Non dico niente ad Adry, non posso, magari passa, non posso dargli una batosta così, così mi godo lo spettacolo e cerco di continuare sorridendo ogni volta che lui si gira per vedere se non mi ha perso per strada (o per controllare che non mi sia fermata in qualche pub per una pinta? Dì la verità … ).

Al 15’ km so che le gambe non sono ok e so che non potrò continuare per molto a quel ritmo (pur più lento rispetto a quanto avrei voluto) … non vi dico il turbinio di pensieri. Arrivo al Tower Bridge, ovvero quasi a metà strada e mentre lo attraverso correndo succede qualcosa. Adry mentre imbocchiamo il ponte apre le braccia come a dire “eccolo, il passaggio che tanto stavi aspettando, eccolo il tuo ponte”. Io mi guardo intorno, vedo i monumenti che conosco alla perfezione, la Town Hall, la Tower of London, il Millenium Bridge … e sapete cosa? Non provo niente. NIENTE. Non ho la pelle d’oca, non sono emozionata, non mi viene da piangere come nei primi km, non sono sopraffatta da quello che sto vedendo, sono troppo sofferente. E allora NO, STOP, mi dico … c’è qualcosa che non va e ha inizio il mio monologo interiore lungo ben 1 km che mi porterà poi ad essere così felice oggi, nonostante un tempo di quasi ben 20 minuti superiore rispetto a quello sperato.

Vale, sei qui per divertirti e per goderti questo momento, passi sotto al Tower Bridge in un giorno così speciale e non ti lasci emozionare? Non sei tu questa. Molla il colpo, rallenta, devi goderti questa Londra, devi goderti questo momento. Lo so, è difficile dire “non ce l’ho fatta” o come dirà poi Adry ridendo “abbiamo fallito”, ma ne sarà valsa la pena. Meglio “fallire” che non assaporare fino all’ultimo un evento del genere. Adry capirà. E se non dovesse capire? Capirà, Vale, lo conosci e capirà.

Cavolo i tuoi amici saranno fieri di te come non mai e il tuo futuro sposo anche, dovessi metterci 7 ore. E le malelingue? Le malelingue saranno felici di poter dire “io l’avevo detto che in 3h22’ non ce la poteva fare” e la loro felicità si fermerà lì, poverine, le malelingue. Guarda tu tutto quello che hai qui.

Il discorso mi convince, arrivo al 22’ km stremata perché correre e litigare con me stessa non è semplice ma alla fine rallento. Giuro, giuro che mi sono detta tutte le cose che leggete sopra. Io parlo sempre con me quando corro, ma questa volta ho dato il massimo, mi sono psicoanalizzata e sono soddisfatta del risultato. Mi dico che al 30’ km mi fermerò un secondo, giusto per darmi una tregua, sto bevendo tanto, tanto, non un buonissimo segno, so che Adry sta pensando la stessa cosa, ma su, manca poco al 30’. Al 30’ mi dico che posso tirare ancora 5 km per fermarmi e vado avanti. La folla aumenta sempre di più e ci sono dei momenti in cui torna la mia amata pelle d’oca per quello che vedo, i bimbi che ci offrono caramelle gommose, io naturalmente non sono nelle condizioni anche solo di pensare di prenderne una, ma Adry lo fa e che bello vedere il bimbo sorridere.

Il tifo degli amici, pazzesco, cartelloni, fotografie, tante persone corrono per qualcuno che non c’è più, come me, ricordo che ho il suo nome stampato sulla canotta gialla e la sua frase e allora mi faccio forza, mi stai guardando da lassù e con quel tuo sorrisetto che conosco tanto bene starai pensando “Vale dai che tu non fallisci mai”. Pao, grazie, è vero, non fallisco. Forse per te potrei farla 2 volte, questa maratona (forse).

Al 35’ cedo e mi fermo e qui inizia il duro compito di Adry. “Vale non ti fermare, cammina veloce almeno, non ti fermare”. Ricomincio, ma non sono tanto convinta, al 37’ ancora 2 passi. Un palco con un deejay e una vocalist che canta la canzone che canticchiamo sempre io e Ale, allora “vado amore, hai ragione, vado” e si ricomincia di nuovo.

Al 39’ è vero, manca poco, ma non hai più la cognizione del tempo e della distanza, inizio a vedere la gente crampata e sono certa di non fare quella fine perché sono preparata e perché muscolarmente sono una bestia. Un passo dietro l’altro, una gamba davanti all’altra, mancano 3 km ma i passi in un km sono tanti! Al 40’ vedo la London Eye, è lontana, so che di lì a poco avrò sulla sinistra il Big Ben, il Parlamento, la mia Westminster Abbey. Ma lì mollo, mi fermo.

Adry deve leggere nei miei occhi quanto sono stremata perché non mi sprona, si ferma anche lui, ci guardiamo, io sorrido ma vorrei piangere. Le gambe urlano, URLANO, bruciano, sono di piombo. Non ne posso più. Faccio 500 metri camminando, Adry corricchia lentissimo davanti a me, la folla mi guarda e mi sorride e io sorrido a loro. Mentre scrivo vedo che sono uscite alcune foto della maratona, doveva esserci il fotografo proprio al quel 40’ km perché ho ben 5 foto mentre cammino, in una sto per mettermi a piangere, chiaramente, sto per piangere per la sofferenza. Non credevo si arrivasse a tanto.

Allora ricomincio a correre, fatico a riprendere (lo nascondo ad Adry ma mi stavo bloccando) ma arrivo al 41’ km e lì è fatta, cavolo, ne manca uno. Una curva e pochi passi. Intravedo la statua dorata, The Queen Victoria Memorial e non posso credere di essere arrivata. Mi viene da piangere ma sono talmente stanca che non mi scende una lacrima, piango dentro. Adry si avvicina e mi dice quel che già sapete e allora sulla Finish Line bacio il cielo e ringrazio il mio amico e gli dedico questa epopea.
Adry mi fa il suo applauso finale, allora non è arrabbiato!
Lo abbraccio, mi scende qualche lacrima e insieme facciamo la foto con la nostra medaglia.

Vi risparmio il mio post gara, certi panni vanno lavati in famiglia, se non ci fosse stato Adry, sarei ancora sdraiata in St. James Park, cibo per scoiattoli (poveri scoiattoli).
Recuperata la mia sacca trovo messaggi del mio fidanzato, della mia mamma, delle mie amiche, mi seguivano su internet di 5 km in 5 km e commentavano ogni passaggio per spronarmi, nonostante sapessero che non potevo leggere quello che mi scrivevano, non è amore questo?

Che giornata, quanto ho imparato e si, quanto mi sento più forte ora grazie a questa signora di cui ho appena fatto la conoscenza, grazie a te Adry e grazie a tutti quelli che mi amano, che sono tanti, me l’avete dimostrato in ogni modo.
Sono fortunata, e sono un 3h43’11’’.

Vale