Insieme
a me circa 200 atleti, rigorosamente con calottina
gialla sulla quale spiccava il rispettivo numero
di pettorale, aspettava con un misto di adrenalina
e timore, di gettarsi fra le onde del mare con
l'unico obiettivo di non ritirasi già
alla prima frazione.
Manca
ancora qualche minuto al via e, per distrarmi
dall'ipnotico moto ondoso, faccio mente locale
se ho posizionato la bici sulla rastrelliera
nel modo giusto, se ho appoggiato il casco al
manubrio, se le scarpe da corsa sono al fianco
della catena con la punta rivolta verso la ruota
posteriore, se il pettorale da indossare è
affrancato bene alla cintura elastica.
Già,
sono tante le cose che il triatleta deve fare
prima di una gara e sono tante anche le cose
che deve ricordare di fare in successione per
evitare penalità o squalifiche.
E
allora, mentre il mantra del casco-bici-casco
(ricordarsi che in zona cambio bisogna sempre
uscire e entrare in bici con il casco in testa!)
continua a rimbombare nella cabeza, giunge inaspettato
il fischio del giudice.
All'impazzata corriamo verso il mare e già
all'ingresso nell'acqua alcuni atleti perdono
l'equilibrio, per via del fondo sassoso, per
cadere pesantemente e poi rialzarsi.
Io
sono fortunato, riesco a schivare i sassi e
raggiungere il fondale sabbioso e qui inizia
la mia vera prova da triatleta ovvero affrontare
il nuoto in acque libere.
Fino a d'ora i miei allenamenti sono sempre
stati in piscina, in acque decisamente calme,
con temperatura intorno ai 26°C e, soprattutto,
con il bordo piscina vicino alle tue mani pronto
a darti sostegno se non ce la fai più.
Ma
qui è tutto diverso soprattutto perché,
proprio oggi, la corrente e le onde sono pazzesche,
l'acqua è gelata nonostante abbia la
muta e doppia cuffia (dritta del nostro Press
Carù, veterano ironman del varesotto,
anche lui presente a Andora)
Mi butto, qualche bracciata a stile e subito
un'ondata mi rimbalza facendomi bere un bel
po di acqua salata ma, stranamente, sono calmo
perché so che dalla mia c'è un
minimo di preparazione, c'è determinazione,
e la fiducia che Lori ha riposto in me vedendomi
nuotare le ultime volte.
Ok,
getto lo sguardo alla prima boa distante 300
mt da me e alle calotte gialle che stanno dietro
di me e, vedendo i più disparati stili
di nuoto, decido di abbandonare lo stile libero
per il dorso.
"Ottima scelta" mi dico visto che
si può nuotare come si vuole e non ci
sono limiti di tempo.
Proseguo girandomi di tanto in tanto per avere
la certezza di puntare nella direzione giusta.
Dopo
un tempo che mi sembra interminabile raggiungo
la prima boa e, oltrepassata all'esterno con
un nuotata mista fra stile libero, rana e "cagnolino",
cerco la seconda boa distante da questa 150
mt ma
non la vedo perché le onde
si susseguono troppo alte!
E allora che fare? Be, seguo le mie compagne
calottine gialle, perché anche loro sono
nella mia stessa situazione.
Dopo
qualche minuto rigorosamente a dorso e con qualche
scontro con braccia o gambe di altri atleti
(pure un alga ci si mette sul mio braccio!)
mi giro e vedo finalmente la seconda boa a pochi
metri da me.
Ottimo, la supero agilmente e speranzoso, mi
giro per puntare il pallone del traguardo della
prima frazione che so essere a 300 mt da me,
ma
dove cazzo è?
O mamma, son un tantino fuori rotta!
Pazienza,
proseguo sempre a dorso seguendo la scia degli
altri compagni di sventura e dopo parecchie
bevute incrocio la barca della protezione civile
che ci urla qualcosa ma il rumore del vento
e delle onde è forte e non riesco bene
a capire cosa dicono.
Quindi
mi giro e nuotando a stile capisco: siamo quasi
arrivati ma per colpa delle onde, rischiamo
di andare contro gli scogli posti alla destra
del traguardo.
Viro leggermente, mi lascio trascinare dalle
onde per qualche metro e finalmente riesco a
toccare il fondo con i piedi.
Si
però non è facile uscire perché
la risacca è talmente forte che ti mi
fa perdere l'equilibrio.
A stento riesco a guadagnare la spiaggia e,
mentre sto uscendo, mi giro per controllare
se sono l'ultimo a uscire dall'acqua e
sti cazzi Lori, non sono l'ultimo a uscire,
in "alto mare" ci sono un sacco di
altri atleti!
Mentre corro verso la mia bici, cercando di
slacciare la muta, penso che orami sono un triatleta
perché il peggio è passato.
Giunto
in zona cambio, il togliermi completamente la
muta non è facilissimo ma tutto sommato
non perdo molto tempo.
Infilo il casco, il pettorale, le scarpe, prendo
la bici dalla rastrelliera e corricchiando,
oltrepasso la linea bianche oltre la quale si
può salire e pedalare.
E questa volta ci metto un sacco perché
i puntapiedi non ne vogliono sapere di rimanere
diritti.
La
prendo con calma e quando finalmente riesco
a salire in bici, scateno tutto la voglia di
recuperare il tempo perso nel nuoto.
10 km andata e 10 km di ritorno: è questa
la frazione che sto per affrontare da solo e
in continuo recupero sui ciclisti che mi precedono.
Spingo bene pedalando fra i 37 e i 42 Km/ora
sempre superando e mai superato; ci do dentro
anche se temo poi il male alle gambe per l'ultima
frazione ma, dopo tutto, sto facendo il mio
triathlon e deve essere solo di esperienza,
quindi, vada come vada.
I 10 km di ritorno scorrono velocemente e, questa
volta, giunto alla zona cambio, non perdo tempo.
Rimetto
la bici sulla rastrelliera, levo il casco e
parto per gli ultimi 5 km di corsa frazionati
in due giri.
Non è facile prendere subito il ritmo
perché i piedi sono ancora indolenziti
e gelati dall'acqua e dal fatto che in bici
rimangono fermi ma mi bastano un centinaio di
metri per riprendermi.
Così
comincio a guadagnare posizioni su posizioni,
superando tanti atleti, fra i quali il giallo
nero Certo (che finirà in 1:30:48), ed
è da stimolo perché alla fine
non mi supera nessuno compreso l'unico podista
che ha tentato la volata di 100 mt finali.
Termino felice e contento, orgoglioso del mio
514 tatuato sul braccio e sul polpaccio, il
mio primo triathlon sprint in 1:26:50:80 al
380° posto assoluto su circa 600 e passa
arrivati (per la cronaca esco dall'acqua 501esimo,
scendo dalla bici 328esimo e termino la corsa
38esimo).
Ad
accogliermi al traguardo c'è Lori che,
con un misto di commozione e felicità,
mi abbraccia e, baciandomi, mi dice che mentre
nuotava (anche lei con fatica) era fortemente
preoccupata per me e tentata di ritirarsi per
tornare in dietro e obbligarmi a non partire.
Fortuna che non si è ritirata perché
se no non avrebbe vinto la sua categoria finendo
in 1:19:48 12° donna assoluta!
Ecco,
questo è il mio esordio nel triathlon.
Certo c'è tanto ancora da imparare e
tanto allenamento da fare, soprattutto a nuoto
e nel velocizzarsi nei cambi, ma questo "multi
sport" e l'atmosfera che lo circonda mi
ha preso con tanto, tanto entusiasmo.
Quindi
al prossimo triathlon rigorosamente
sprint!
Andrea