E
ritorniamo a domenica mattina. La temperatura
è decisamente bassa e c'è anche
un leggero venticello che aumenta la percezione
del freddo. Misurina è in una conca.
Il sole c'è, inizia ad illuminare le
cime delle montagne che assumono colori indescrivibili.
Ma giù è ancora ombra, ed il freddo
persiste. Aspettiamo il più a lungo possibile
prima di metterci in pantalocino e maglietta.
È
quasi ora, ci cambiamo, e andiamo a ripararci
dal freddo in un bar. Aspettiamo lì sino
a una ventina di minuti prima delle otto. Il
gonfiabile è stato issato ed inizia a
formarsi una calca di persone. L'organizzazione
comunica che si sono raggiunti i 1500 iscritti
(limite dal quale le iscrizioni vengono chiuse).
Usciti dal bar per fare un po' di riscaldamento
ed usufruire un'ultima volta sei servizi igienici,
incontro Annamaria, una delle persone del gruppo
che raccontavo prima.
Pazzia
dell'ultimo minuto, suo marito a corto di chilometri
e preparazione, ha deciso di volere correre
la sua prima gara in montagna, e Anna sarà
la sua "guida" (folli, ne abbiamo???).
Foto di gruppo di rito, ultimo allungo e poi
ci apprestiamo a recarci anche Sandro ed io
in prossimità della partenza. Sale l'adrenalina:
non siamo qui per il tempo o per il piazzamento,
vogliamo correre un buon allenamento, ma quello
che si presenta dinanzi ai nostri occhi è
davvero qualcosa di spettacolare. Ultimo in
bocca al lupo, se non ci si incontra durante
il percorso, ci rivediamo all'arrivo.
Partenza!
Si inizia tenendo sulla destra il lago di Misurina,
la strada è in salita e per i primi chilometri
passiamo per la SP49 con qualche breve "immersione"
nei boschi per tagliare i tornanti. Costeggiamo
anche il lago Antono e circa al Km 3,5 abbandoniamo
la strada e l'idea che "tutto sommato"
sia una corsa abbastanza semplice. Entriamo
in un bosco e subito dopo pochi metri c'è
da inerpicarsi aiutandosi anche con le mani.
Rivoli d'acqua scorrono sulle rocce e le cosce
subito bruciano per lo sforzo. Ma si continua,
abbiamo appena iniziato. Sandro ed io ci ricongiungiamo,
per poi perderci di nuovo dopo poche centinaia
di metri. L'ascesa continua. Non siamo ancora
al primo rifugio
il paesaggio intorno
perde il verde dei boschi per divenire sempre
più aspro e roccioso. In prossimità
del Rifugio Auronzo resto di stucco: si sale
su una "rampa" di pietrisco e non
so come facciano le persone che mi precedono
ad arrampicarsi
ma tocca anche a me.
Passi
brevi, piedi ben saldi, baricentro in avanti,
polpacci e gambe che urlano dal dolore. Ma ci
siamo: prima timbratura di controllo e possibilità
di far respirare le gambe. Siamo sopra 2300m
slm. Il sole ora picchia forte, ma non si avverte
il senso di afa opprimente della pianura. Bisogna
proseguire più o meno a questa quota
sino al rifugio Lavaredo. Sarebbe facile se
non fosse per l'aria rarefatta. Ma stringi i
denti e vai. Anche perché non hai tempo
di pensare alla fatica: sei sulla Luna! Scenario
fantastico, troneggiato dalle famose Tre Cime
di Lavaredo. Vederle dal basso e poi ritrovarsi
a così pochi metri, lascia senza parole.
Dovreste vederlo.
La
corsa continua. Si odono le grida delle aquile
reali: che suono! Si passa per una "costa"
della montagna non baciata dal sole. Qui si
sente freddo. Spero gireremo in fretta per ritrovare
i raggi delll'astro. Raggiunti i quasi 2500m
si scende leggermente sino al rifugio Locatelli.
Ad ogni ristoro approfitto prima del thè
caldo e poi faccio incetta di anacardi e qualche
pezzettino di cioccolata. Dopo un po' di falsopiano
riprendiamo ad arrampicarci fino al rifugio
Pian di Cengia. Lo spettacolo della natura è
sempre magnifico. Capisco che non sono sulla
Luna solo perché lì l'acqua e
la vita non sono possibili: guardando in basso
puoi ammirare fantastici laghi alpini (come
quelli dei Piani) che hanno colori "densissimi",
sembrano quasi dipinti coi pastelli. E poi ci
sono degli animali che pascolano tranquillamente,
per nulla disturbati dalla nostra presenza.
Anche i turisti che incrociamo (da ogni parte
del mondo dall'osservare i lineamenti) ci guardano
divertiti: probabilmente non sanno della gara,
ma ci sorridono e ci incitano.
Raggiungiamo
quota massima sopra i 2500m slm per poi ridiscendere
sino al bivio Val di Cengia
e qui iniziano
i dolori per me. Una discesa che sembra una
picchiata. Sul costone della montagna che ci
porterà nei boschi alle sue pendici,
rallento tantissimo, facendo passare diversi
atleti appena il sentiero, largo poco decine
di centimetri, lo consente. Sandro mi riprende,
ma non riesce a staccarmi avendo anche lui timore
della discesa. E così ci avviamo ad affrontare
questo impervio tratto insieme. Dopo qualche
chilometro, che a noi pare infinito, la discesa
diminuisce pendenza, diventa per Sandro e me
più corribile. Ma siamo comunque rallentati.
Ci fanno male i piedi e la stanchezza inesorabile
prende le gambe: sono tanti i sassi che calciamo,
proprio non riusciamo ad alzare le punte dei
piedi. Un paio di attraversamenti in torrenti
di acqua freddissima sono un toccasana: più
il sentiero spiana, più riprendiamo controllo
delle gambe. E poi, eccola
per gli amanti
dei trail puri è un affronto alla decenza.
Per me la salvezza. Ammetto, non c'entra nulla
con quanto corso sino ad ora, ma la discesa
su asfalto (purtroppo una frana di un paio di
anni fa ha costretto a modificare il percorso)
mi fa tirare fuori le energie che credevo non
avere più. E così mi metto su
passo mezza maratona e raggiungo e sorpasso
persone a ripetizione.
Dopo
un penultimo ristoro ci immettiamo sulla pista
ciclabile che collega Misurina ad Auronzo. Il
sole picchia duro. Vedo la stanchezza sui volti
di tutti. Immagino che anche io non sia conciato
meglio. Guardo il gps: segna 28Km, ancora poco
ed è finita
e poi arriva la mazzata.
Un cartello avvisa che mancano 4Km all'arrivo.
Saranno
pochi, ma stanchezza e sole rendono quei due
chilometri aggiuntivi un muro
ma nessuno
si arrende, tanto meno io. Rallento un po' il
passo continuando comunque a recuperare posizioni.
3Km all'arrivo: un ponte ci porta da una sponda
all'altra del fiume. Tante sono le persone che
sull'attraversamento ci incitano. Allora applaudo
a mia volta e un coro di "forza Giuseppe"
e applausi mi regala un surplus di energie inaspettato.
2Km all'arrivo: chi mi precede, procede a passo
di lumaca, mi rendo conto che anche io ho diminuito
il passo di brutto, ma continuo, stringo i denti,
ultimo ristoro: l'acqua anziché berla
me la verso sulla testa.
Ultimo
Km: chi è avanti guarda dietro. Io guardo
in basso, ancora qualche posizione recuperata.
Cartello 100m: il Palazzo del Ghiaccio di Auronzo
è una bolgia, traguardo, foto
sono
arrivato! Dopo pochi minuti arriva anche Sandro.
Siamo distrutti. Ma contenti. Abbiamo vissuto
un'esperienza unica, abbiamo corso su un palcoscenico
che ci invidiano in tutto il mondo.
Appena
finita la gara non so se vorrò ripeterla.
Questo evento ha lasciato come ricordo molto
di più che un pettorale, una medaglia
ed una maglietta. Di sicuro un'escursione nei
luoghi in cui ho corso, con la mia reflex, mi
andrebbe di farla. Ma correre no: devo prima
migliorare in discesa, e poi, allora, sarò
pronto per ripercorrere con le mie fide scarpette
questi luoghi dove un tempo correvano anche
i dinosauri. Non è di sicuro un addio
non so quando, ma ci rivedremo Camignada. La
sfida a me stesse è lanciata!
Alla fine Sandro chiude la sua impresa in 3h44'24"
al 155° posto assoluto. Io in 3h41'42"
al 145° assoluto.
Giuseppe
Digesto